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Il Codice penale della Repubblica Elvetica, attivato in tutto il territorio della Repubblica nel maggio del 1799 ed abolito in seguito all’Atto di Mediazione (febbraio 1803), fu il primo codice penale con cui i tribunali ticinesi, loro malgrado, dovettero fare i conti. Sulla scorta degli atti penali prodotti da questi ultimi e muovendo dal concetto di “frontiera interna”, il contributo propone una riflessione su questo momento di rottura della storia svizzera e ticinese, a cavallo tra antico regime ed epoca napoleonica: un momento in cui il Ticino può essere letto come una sorta di “laboratorio” nel quale le tradizioni giuridiche locali da un lato, e le correnti illuministe e rivoluzionarie dall’altro, si incontrarono, si scontrarono, si ignorarono – con varie sfumature di permeabilità, influenze e resistenze.
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